Fino alla fine degli anni ’60,
l’ingenua e sprovveduta ragazza rimasta
incinta perché aveva ceduto alla famosa prova d’amore che le chiedeva il
fidanzato ̶ che poi alla notizia dell’imminente arrivo del
bebè se la svignava a gambe levate ̶ veniva vista male. Additata da tutta la comunità
come una “poco di buono”, una vera condanna morale anche per la sua famiglia. Poi, arrivò all’improvviso il femminismo e
spazzò via i pregiudizi e la donna, per la prima volta da millenni, acquisì la
consapevolezza che la maternità fuori dal matrimonio non fosse più una colpa.
Questa lettera, vera, scritta da una
ragazza all’inizio degli anni ‘70 dimostra l’evoluzione del pensiero femminile
nei riguardi della maternità (luoghi e nomi sono stati cambiati).
Caro Daniel, ti lascio
Oggi
ho proprio deciso, faccio ordine nei miei cassetti! Una decisione così, netta,
senza tentennamenti, i miei tiretti l’aspettano da trent’anni. Lo confesso, non
sono come la mia amica Lucia “pezzettina sprint” che, appena si alza al
mattino, riordina subito tutto e, solo a quel punto, quando pensa di aver
raggiunto il suo nirvana quotidiano è pronta per affrontare la giornata. Ma
non divaghiamo… Svuoto il cassetto su un gran tavolo di vetro e osservo. La
prima cosa che mi colpisce è una lettera. Dalla busta escono sei pagine intense
di una bella grafia femminile, leggo la data: 15 novembre 1974, ma, facendo una
mossa sbagliata, il foglio che ho in mano vola via e va a conficcarsi proprio
tra il pavimento e i tre millimetri che lo separano da una grande credenza che
ho davanti. «Accidenti!», esclamo, e vano rimane il tentativo di riacciuffare
il pezzo di carta. Per riavere quella prima pagina dovrei svuotare tutto il
mobile e smontarlo. Impossibile, mi arrendo, l’inizio di quella lettera non lo
conoscerò mai.
Comincio
allora la lettura a pagina due che termina il discorso dalla pagina precedente
con la frase: «…la città sarà al corrente. Allora perché privarmi di andarci?».
Chissà
a cosa allude la mia amica Brigitte nella sua lettera… Non ricordo proprio.
Poi
continuo a leggere:
«…Adesso arrivo all’argomento “Daniel”, la storia è lunga.
Come previsto ho trascorso la giornata del 15 agosto ad Arles con lui e la sera
gli ho chiesto un mese di riflessione per riuscire a capire a che punto fossi
con me stessa: non volevo più incontri, lettere, più niente. E’ rimasto
amareggiato e scioccato.
Al ritorno dalle mie vacanze, il 15 settembre, ci siamo rivisti. Abbandonava i suoi studi e partiva per Parigi per due mesi di stage in informatica e programmazione. Mi chiede quale fosse la mia decisione e gli dico che ho riflettuto molto, che voglio rompere completamente, non rivederlo mai più, cancellare tutto. E’ stupito, distrutto dalle mie parole e non riesce a capire. E’ talmente addolorato che non sa dire nulla, non una esclamazione, non una parola di rabbia, non riesce a pensare nemmeno per un istante di potermi far ragionare. Poi se ne va, lasciandomi senza emettere un suono, il vuoto… E lì sono io ad avere una crisi di nervi, a prendere coscienza della gravità delle mie decisioni.
Al ritorno dalle mie vacanze, il 15 settembre, ci siamo rivisti. Abbandonava i suoi studi e partiva per Parigi per due mesi di stage in informatica e programmazione. Mi chiede quale fosse la mia decisione e gli dico che ho riflettuto molto, che voglio rompere completamente, non rivederlo mai più, cancellare tutto. E’ stupito, distrutto dalle mie parole e non riesce a capire. E’ talmente addolorato che non sa dire nulla, non una esclamazione, non una parola di rabbia, non riesce a pensare nemmeno per un istante di potermi far ragionare. Poi se ne va, lasciandomi senza emettere un suono, il vuoto… E lì sono io ad avere una crisi di nervi, a prendere coscienza della gravità delle mie decisioni.
Per un mese tutto
bene, mi sentivo liberata, avevo preso la mia decisione che non era stata certo
facile, ma sapevo dove andavo: ero sola, aspettavo un bambino da Daniel che
avevo cancellato dalla mia esistenza. Pensavo di vederci chiaro,
finalmente. Poi, verso il 20 ottobre, il
mio pensiero è tornato a lui più forte che mai. Certo, lo sapevo a Parigi: ma
senza nessuna notizia, eravamo tanto lontani. Ho cominciato a pensarlo
continuamente, intensamente, a sognarlo
la notte, a rivedere i momenti belli trascorsi insieme, passando dalla disperazione
alla speranza.
Ti rendi conto della situazione in cui mi sono venuta a trovare? Una sera mi sono decisa a scrivergli. Sono riuscita ad ottenere il suo indirizzo parigino da François, il suo amico. Gli ho scritto una lettera amichevole, ma impersonale, dandogli anche qualche notizia, ma dicendogli soprattutto che mi rammaricavo per il mio comportamento nei suoi confronti, che capivo quanto male gli avessi fatto e che speravo che per lui tutto andasse bene. Non gli chiedevo, però, di scrivermi né, tantomeno, mettevo in evidenza i miei tormenti.
Ti rendi conto della situazione in cui mi sono venuta a trovare? Una sera mi sono decisa a scrivergli. Sono riuscita ad ottenere il suo indirizzo parigino da François, il suo amico. Gli ho scritto una lettera amichevole, ma impersonale, dandogli anche qualche notizia, ma dicendogli soprattutto che mi rammaricavo per il mio comportamento nei suoi confronti, che capivo quanto male gli avessi fatto e che speravo che per lui tutto andasse bene. Non gli chiedevo, però, di scrivermi né, tantomeno, mettevo in evidenza i miei tormenti.
Mi ha risposto a
stretto giro di posta dicendomi che usciva molto, faceva di tutto per
dimenticarmi e che si impegnava tantissimo per il suo stage. Mi augurava di
essere felice e diceva di essere stato contento di ricevere la mia lettera in
qualità di madre di suo figlio. Tuttavia ci teneva a non riprendere la nostra
relazione.
Ho immediatamente
ripreso la penna per informarlo che aveva mal interpretato la mia lettera, che
desideravo rivederlo, che avevo bisogno di lui, che sentivo la sua mancanza,
che ero stata una sciocca per aver potuto pensare di vivere senza di lui, che
era stata una crisi dovuta probabilmente al fatto di aspettare un figlio
inatteso e, quindi, impreparata a fronteggiare la vita con lui. La sua risposta
mi ha fatto prima andare su tutte le furie e poi mi ha sprofondato in una
abissale tristezza.
Diceva di essere molto cambiato, di essersi indurito, non mi capiva e pensava
di avermi abbastanza dimenticata per non rimettere tutto in gioco. Terminava,
augurandomi tutto il bene possibile e sperava che le nostre cose si sarebbero
aggiustate senza troppi danni!
Beninteso questa
lettera non richiedeva risposta. Per me
è stato come precipitare in un abisso, ho creduto di cadere in depressione.
Talvolta speravo ancora in qualcosa da Daniel, talaltra mi dicevo che era
troppo cambiato e che non lo volevo più così. Ti lascio immaginare la
situazione!
La sera dell’11
novembre, uno choc, Daniel mi telefona, molto freddo e impersonale, per dirmi
che vorrebbe discutere con me, perché aveva appreso che i miei genitori stavano
muovendo cielo e terra per farci tornare insieme (questo è falso) e, ciò, non gli piaceva per nulla, e che
bastavamo noi due per regolare le nostre cose.
Agitata, gli chiedo di
venire il giorno dopo a casa; rifiuta, vuole che il nostro appuntamento si
svolga all’esterno. Ed è così che l’incontro è fissato il sabato seguente nella sua macchina.
Il giorno dopo,
venerdì, sorpresa, Daniel mi telefona in ufficio. Ha cambiato idea e vuole
venire la sera stessa a casa mia. Questa volta è molto più cordiale. L’invito a
cena ed egli accetta. Ed è così che, dopo tutta questa angoscia, ci siamo
incontrati Daniel ed io venerdì scorso.
Ero commossa e allo
stesso tempo imbarazzata nel rivederlo, non osavo guardarlo. Lui stava in
guardia e prendeva un’aria distaccata. Quale imbarazzo tra di noi dopo tutto
quello che era successo! Abbiamo
tuttavia parlato molto. Ho adottato un tono amichevole e gli ho annunciato che
avevo cambiato idea. Lui era il padre del bambino, quindi poteva e doveva vederlo. Gli ho detto che era
importante avere contatti prima della sua nascita, almeno amicali, dei rapporti
di madre e padre, insomma, ma non ho chiesto nessun avvicinamento per noi, né
un eventuale matrimonio. Lo sentivo troppo teso.
Il nostro incontro si
è svolto con molto equilibrio e abbiamo convenuto tutti e due che era stato
necessario. Daniel mi ha detto che
voleva riflettere su tutto quello che ci eravamo detti, che non poteva decidere
nulla e che non aveva più le idee chiare. Poi abbiamo cenato. I miei amici,
Monique e Xavier, che avevo inviato a questa cena, e che sono arrivati
dopo, sono stati formidabili, hanno
cercato di animare la serata senza toccare argomenti imbarazzanti. Daniel ed io
ci guardavamo di sfuggita, imbarazzati. Poi ci siamo separati dicendoci: «A
presto».
Da allora, più nessuna
notizia di lui. Sono impaziente di rivederlo, ma ho deciso che spettava a lui
fare il primo passo…., dunque attendo!
Ecco, sei al corrente
dell’episodio “Daniel”, il seguito in una prossima lettera, se seguito ci
sarà…».
La
lettera finisce dandomi altre informazioni sulle conoscenze comuni e dicendomi
che mi avrebbe scritto appena la sua situazione si fosse evoluta.
Frugo
nelle carte alla ricerca della seconda lettera, ma non la trovo. Escono da quel
cassetto altri cimeli, quaderni e libri di scuola, documenti strani e pratiche
che non ricordavo di aver mai fatto, foto delle mie amiche, dei miei vent’anni,
ingiallite dal tempo. Tra queste anche una bella bambina piagnucolosa che fui.
Ma niente di Brigitte, i miei ricordi vaghi al suo riguardo sono “reset”, annullati nel marasma dei
miei pensieri. A rifletterci bene, in
questo affastellamento, posso cogliere pochi indizi: Brigitte era una ragazza
dolce, pacata, molto materna, direi “zen” e la sua coraggiosa decisione di
lasciare Daniel, malgrado l’imminente maternità, era dovuta al fatto che lo
trovava troppo immaturo: lui aveva due anni meno di lei.
Come
sarà andata a finire? Daniel sarà ritornato? La nascita del figlio li avrà
uniti o disuniti per sempre?
Brigitte
ed io eravamo colleghe, ci volevamo bene, ma il mio trasferimento all’etero, la
mia lontananza, ha fatto sì che ci siamo perse di vista. Quel bambino nato nel
1974 ha, nel momento in cui scrivo questa storia, già 40 anni. Che genitori sono stati Daniel e
Brigitte? Saranno nonni a loro volta?
Chissà… E’ successo tanto tempo fa, ma a me pare ieri.
©2014 Barbara Bertolini – tutti i
diritti riservati
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