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martedì 4 maggio 2010

40. Vacanze al mare sull’Adriatico negli anni '50

Nicoletta Barbarito (con il padre nella foto) fa rivivere, con maestria, un mondo antico di villeggianti e poveri pescatori, immergendoci negli anni ’50 del secolo appena passato

Abruzzo adriatico. Quello di prima. E’sedimentato nella mia memoria con colori, odori, sapori, nomi, facce, gesti, voci. Pare fissato con quella colla che una volta avvenuta la presa non molla più. Parlo di un posto specifico dove non torno da oltre 40 anni. Non tengo nemmeno a riandarci, anche se ormai grazie all’autostrada la distanza è breve; è ingrandito e trasformato dal turismo e dal progresso. Per il meglio, da molti punti di vista, se non fosse rimasto com’era dentro di me per via di quella colla così poco attuale nella sua incorruttibilità.

Mio padre, classe 1908, raccontava che con la famiglia ci aveva passato l’estate per la prima volta, a due anni. Cent’anni fa! Avendo sempre continuando ad andarci regolarmente, subito dopo la guerra si era costruito una piccola casa, che vendette poi negli anni Settanta.
Benché non nativo del luogo, aveva finito per essere considerato un personaggio “storico” del paese. Per una ragione o per l’altra, lì nessuno gli era estraneo. Da adulto amava portare in testa un berretto da marina (si usava, allora, al mare) e molti lo chiamavano “Capitano” anziché “professore” qual era. E siccome da giovane avrebbe desiderato diventare ufficiale di marina invece che laurearsi in lettere, palesemente si compiaceva di quella temporanea, seppur menzognera,identità. Dato che amava la storia, era curioso di ogni particolare sulla storia locale, in fondo insignificante se non dal punto di vista umano.

Nel 1910 quel piccolo agglomerato di case - appendice “marina” di un pittoresco antico paese in collina, Montepagano - si chiamava Rosburgo, borgo delle rose, come l’aveva chiamato un nobile tedesco, pittore, tale Von Thauler, rimasto affascinato dall’abbondantissima fioritura di rose che lo aveva accolto in primavera. Più tardi quel nome fu italianizzato al pari di altri toponimi ritenuti sconvenienti o non autoctoni.
Il nome del pittore tedesco, vero scopritore del luogo, è ricordato in una piccola strada con un sottopassaggio (sotto i binari della ferrovia), a lungo unico collegamento con il litorale. Quel sottopassaggio veniva comunemente chiamato “il taulero”, il perché certamente incomprensibile ai più. All’entrata del taulero c’era la botteguccia di un vasaio che fabbricava orci, scodelle, piatti, brocche e bricchetti, scaldini, sia semplici che decorati con rose, galli o paesaggi. Faceva anche graziosissimi