Quando l’acqua non arrivava nelle
abitazioni, la fonte era il luogo d’incontro più importante del paese perché almeno un membro della famiglia vi andava, ogni giorno, ad attingere l’acqua che sarebbe
servita non solo per dissetare, ma anche per tutte le altre attività familiari come cucinare, lavarsi e lavare.
Il racconto poetico che segue è
dello scrittore molisano Vincenzo Rossi - che ringrazio per avermi permesso di
mettere sul blog – e che ci fa comprendere
con vividezza come la fonte, verso
l’imbrunire, diventasse per il paese una agorà
dove le donne si incontravano, discutevano e, perché no, litigavano anche. Ma
bastava un bel cocomero per rappacificare tutti. Siamo negli anni ’30 del secolo appena passato,
a Cerro al Volturno (Molise), ma poteva accadere in qualsiasi altro paesino d’Italia…
***
La vecchia fonte, non più luogo di vita di Vincenzo Rossi*
Avvolta da profonda tristezza, di
giorno e di notte, quasi non si riconosce. Le selci scavate dai ferri di muli e
cavalli sono ricoperte da uno strato di terriccio dal quale traggono vita
rigogliosi ciuffi di falasco; i solchi di scolo, ripieni d’acqua putrida,
immobili, assorbono la luce sfuggita alle ginestre e ai rami inselvatichiti dei
pioppi; i muri di cinta, che l’hanno in qualche modo protetta dal terreno
franoso, ancora la rilevano nella sua forma rettangolare e le consentono di
dissetare le bocche che le fanno visita. L’ampia pietra scalpellata, che ne
copre la vaschetta dalla quale fuoriesce l’acqua, è la sola a ripresentarsi
agli occhi, avidi di leggervi le tracce del tempo, quasi come allora. Una lieve
patina ne offusca l’antico splendore.