mercoledì 10 novembre 2010

46. Portati la sedia e cinque lire se vuoi vedere la tivù!

La televisione, al suo apparire, ha un immediato successo: grandi e piccini la vogliono vedere ma il costo per le famiglie contadine di quel tempo è troppo alto. Allora, come si fa? Semplice, la comperano gli unici che vedono circolare un po’ di soldi nel proprio commercio: il bar del paese o lo spaccio che è quasi sempre la stessa cosa.
Da noi di Cà di Pas, il primo ad indebitarsi per comperare il televisore - che costava quanto la paga media di un anno di lavoro - è stato il barista Licinio, il quale l’aveva piazzata nella stanza che prima la sua famiglia aveva adibito a sala da pranzo. Licinio, un omone rotondo, con l’eterno borsalino in testa e un orologio legato con una lunga catena d’oro che suscitava la mia ammirazione, si occupava dell’osteria, mentre l'Adelina, sua moglie, badava ai clienti dell’adiacente negozio e, dopo aver liberato dai pochi mobili la stanza “della televisione”, aveva invitato tutti i paesani che volevano seguire le trasmissioni, a munirsi di sedia e di 5 lire.

Già la prima sera mezzo paese era lì, inchiodato a guardare la tivù. Le massaie si erano affrettate a far la cena e a lavare i piatti perché alle 20 e 50 e, per dieci minuti, era trasmesso il programma più amato dalle famiglie italiane: "Carosello", la pubblicità veicolata da sketch comici o ironici che si ripetevano tutte le sere, come le favole e, per questo, prediletta da noi bambini, arrivati senza sedia (però con i soldini), seduti per terra davanti al piccolo schermo.

Insomma alla fine degli anni Cinquanta la televisione era vista come quando si andava al cinema: commentando, ridendo, piangendo, tutti insieme appassionatamente.
E piano piano Carosello ha formato l’(in)coscienza dei neoconsumatori. Mentre altri programmi come Il Musichiere di Mario Riva, Lascia o raddoppia? di Mike Bongiorno, Il Festival di San Remo, hanno modellato la nostra italianità. 

E’ la televisione che ci ha insegnato a parlare italiano; è lei che ci ha permesso di memorizzare i confini del mondo, è ancora lei che ci ha fatto venire gli incubi con le immagini di catastrofi, di guerra fredda, di crisi di governo o dell’instabilità della lira. Prima di lei, il nulla.

Per chi vuole saperne di più: la prima televisione meccanica fu inventata da un ingegnere scozzese, un certo John Braird che depose un brevetto nel 1923. Mentre la prima televisione elettronica fu inventata dal giapponese Kenjiro Takayanagi nel 1926. Le prime trasmissioni televisive partirono da Londra nel 1932, quando la BBC intraprese di diffondere programmi regolari di televisione.

In Italia le prime prove sperimentali televisive si svolsero a Torino nel 1934 dal Centro EIAR (in seguito RAI). Il primo trasmettitore televisivo (senza il quale non si possono ricevere i segnali) fu installato a Monte Mario a Roma nel 1939.
Con la guerra Mussolini fece sospendere tutte le trasmissioni. Bisognò aspettare il 1949 prima di ricominciare da capo. In Italia, la prima trasmissione regolare cominciò solo dal 3 gennaio 1954, a cura della RAI.
Barbara Bertolini