Il gallo di Giacinto
di Vincenzo Rossi
[…] Immobile, supino, notti e giorni, con gli occhi chiusi o fissi al soffitto stetti per una quarantina di giorni… Poi quando avevo perduto quasi tutte le speranze di tornare a una vita piacevole avvenne il miracolo che mi sottrasse da quel costante stato di pena. Una notte mentre stavo osservando nel mio orologio da polso le due lancette che si accavallavano sulla mezzanotte, dal balcone semiaperto penetrò come un dono divino un alto, vigoroso e prolungato canto di un gallo. In me si produsse il miracolo: la mia sofferenza si attenuò, il mio cervello ebbe una illuminazione, una scossa rigenerante attraversò tutto il mio corpo e il mio spirito. La voce di quel misterioso gallo mi giungeva dai piedi del Cimerone dove alcuni contadini avevano sistemato il loro pollaio.
Quell’inattesa
voce di gallo era tanto forte che in principio lo scambiai per un ululato di
lupo. Cantò sette volte e tacque. Tornò il silenzio e il buio, ma passarono
tre, quattro minuti e il gallo riprese il suo canto con sette note e tacque,
fece una pausa un po’ più lunga, ma tornò ancora con sette note, l’ultimo “i”
lo tenne per una decina di secondi: chicchirichiiiiiii…
Compresi che intendeva avvisare il villaggio che era mezzanotte e che non
avrebbe cantato più. Infatti stetti in attesa tutta la notte, ma quel canto
miracoloso non si ripeté più.