venerdì 8 marzo 2013

70. Il matto del paese



Ogni paese ha sempre avuto il suo personaggio eccentrico, sopra le righe e, talvolta, proprio matto. Una persona che tutti conoscevano, evitavano o aiutavano a seconda  della sua personalità. Anche attraverso questo racconto si intravvede la vita paesana del tempo che fu.  La storia del pazzo,  che ci racconta lo scrittore Vincenzo Rossi, si è svolta nel periodo fascista a Cerro al Volturno (nella foto), in provincia di Isernia, ed è davvero inconsueta: ogni notte egli svegliava i paesani facendo un fracasso infernale, fino a quando…

Lorenzaccio, il pazzo di Cerro al Volturno            di    Vincenzo Rossi

Di solito, tra l’una e le tre di notte, Lorenzaccio il Pazzo, svegliatosi nel suo pagliaio di Cincinuso, veniva a scuotere il paese con i suoi colpi di martello. Alla Pianuzza indossava l’armatura, conservata in una grotta: infilava la testa in un secchio al quale aveva attaccato quattro corna di bue, due davanti e due dietro, si legava intorno al corpo due lastre di zinco, una avanti e una dietro, tenute da fili di ferro alle spalle e ai fianchi; s’infilava nelle narici due lunghe penne di tacchino; impugnava un grosso martello di legno e raggiungeva in silenzio le prime case. Qui attaccava a battere se stesso e quanti oggetti riteneva potessero rispondere al suo musicale desiderio: canaloni, ringhiere, pali, tubature, ecc. Le prime notti che scoppiò quel fracasso, molti  si alzarono, scesero a osservare la fonte dell’indesiderata orchestra, lo minacciarono, gli fecero promesse, ma nessuno riuscì a convincerlo di smetterla. Puntualmente nel cuore della notte riappariva, percorrendo  il paese due volte, in salita e in discesa. A poco a poco le orecchie si assuefecero e c’era chi non avvertiva neppure l’arrivo di Lorenzaccio, che con i colpi faceva tremare tutte le ringhiere alle quali giungeva il suo martello. Io ne sentivo l’arrivo ai piedi del paese dal pagliaio di Arcangiancalla, o dalle Aie.