Era l’anno di grazia 1956, ma per me e per gli abitanti di un piccolo paese sperduto nell’Appennino reggiano era il Medioevo.
Non c’era l’acqua nelle case, non c’era elettricità e, per il bagno, «accomodatevi!»: la scelta variava da una puzzolentissima e vomitevole latrina; un campo all’aria aperta dietro un cespuglio o la stalla dove le mucche, all’occorrenza, potevano avere lo stesso impellente bisogno del malcapitato e, quindi, inondarlo di urina. La stalla rimaneva comunque l’ultima scelta anche perché c’era un serio problema di privacy poiché chiunque poteva entrare in qualsiasi momento mettendo in imbarazzo tutti e due.
Ditemi voi se questa non poteva essere considerata una storia d’Altri tempi!
Come si faceva a vivere senz’acqua e senza energia elettrica? Come avevano fatto per migliaia di anni tutti quelli che ci hanno preceduto.
La cucina aveva un lavandino non profondo e molto largo sul quale veniva posto un secchio che si andava a riempire d’acqua alla fontana. Un bottiglione di vetro, invece, veniva riempito un po’ prima del pranzo direttamente alla sorgente, perché l’acqua da bere era così più fresca. Questo compito, in generale, spettava ai bambini della famiglia:
«Va a tor l’acqua c’a magnom!» (va a prendere l’acqua che mangiamo!). Questo era il comando che mi sentivo rivolgere da mio nonno che conosceva, in famiglia, solo l’imperativo. E, con il mio bel bottiglione in mano, via alla sorgente, che non era proprio vicina, ma mi ci voleva una mezz’ora di tempo tra andata e ritorno.
Le case d'inverno, senza riscaldamento, erano freddissime e la gente del paese per trovare un po' di tepore e di compagnia si riuniva la sera, dopo cena, nelle stalle. Vedere il mio post . 10 (Quando le sere d'inverno ci si riuniva nelle stalle).
Per lavarsi, si riempiva il catino d’acqua. Durante i mesi invernali nella stufa, sempre accesa dalla mattina alla sera, vi era inserito un contenitore d’acqua di circa 5 litri, per cui almeno nei mesi freddi c'era sempre acqua calda disponibile.
Solo il sabato si svolgeva la cerimonia del bagno completo, dentro una grande tinozza, che veniva piazzata nella stanza più calda (la cucina) e ci si lavava lì, a turno. Però, dopo due bagni l’acqua veniva cambiata. Non come nel Medioevo dove, invece, in quella stessa tinozza si lavavano (una volta a stagione) prima tutti gli uomini della famiglia, poi le donne, poi i bambini, e, infine, il neonato: ecco perché esiste il detto: «attenti a non buttare con l'acqua sporca anche il bambino!»
Catapultata ora nel XXI secolo, posso, invece, sguazzare in una maxi vasca idromassaggio tutte le sere. Che tempi!
Barbara Bertolini - tutti i diritti riservati
foto di www.cera1volta.altervista.org
Non c’era l’acqua nelle case, non c’era elettricità e, per il bagno, «accomodatevi!»: la scelta variava da una puzzolentissima e vomitevole latrina; un campo all’aria aperta dietro un cespuglio o la stalla dove le mucche, all’occorrenza, potevano avere lo stesso impellente bisogno del malcapitato e, quindi, inondarlo di urina. La stalla rimaneva comunque l’ultima scelta anche perché c’era un serio problema di privacy poiché chiunque poteva entrare in qualsiasi momento mettendo in imbarazzo tutti e due.
Ditemi voi se questa non poteva essere considerata una storia d’Altri tempi!
Come si faceva a vivere senz’acqua e senza energia elettrica? Come avevano fatto per migliaia di anni tutti quelli che ci hanno preceduto.
La cucina aveva un lavandino non profondo e molto largo sul quale veniva posto un secchio che si andava a riempire d’acqua alla fontana. Un bottiglione di vetro, invece, veniva riempito un po’ prima del pranzo direttamente alla sorgente, perché l’acqua da bere era così più fresca. Questo compito, in generale, spettava ai bambini della famiglia:
«Va a tor l’acqua c’a magnom!» (va a prendere l’acqua che mangiamo!). Questo era il comando che mi sentivo rivolgere da mio nonno che conosceva, in famiglia, solo l’imperativo. E, con il mio bel bottiglione in mano, via alla sorgente, che non era proprio vicina, ma mi ci voleva una mezz’ora di tempo tra andata e ritorno.
Le case d'inverno, senza riscaldamento, erano freddissime e la gente del paese per trovare un po' di tepore e di compagnia si riuniva la sera, dopo cena, nelle stalle. Vedere il mio post . 10 (Quando le sere d'inverno ci si riuniva nelle stalle).
Per lavarsi, si riempiva il catino d’acqua. Durante i mesi invernali nella stufa, sempre accesa dalla mattina alla sera, vi era inserito un contenitore d’acqua di circa 5 litri, per cui almeno nei mesi freddi c'era sempre acqua calda disponibile.
Solo il sabato si svolgeva la cerimonia del bagno completo, dentro una grande tinozza, che veniva piazzata nella stanza più calda (la cucina) e ci si lavava lì, a turno. Però, dopo due bagni l’acqua veniva cambiata. Non come nel Medioevo dove, invece, in quella stessa tinozza si lavavano (una volta a stagione) prima tutti gli uomini della famiglia, poi le donne, poi i bambini, e, infine, il neonato: ecco perché esiste il detto: «attenti a non buttare con l'acqua sporca anche il bambino!»
Catapultata ora nel XXI secolo, posso, invece, sguazzare in una maxi vasca idromassaggio tutte le sere. Che tempi!
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