«Che ora è?» «Quanto tempo mi rimane per finire questo lavoro?» «A Che ora devo venire?» «Mi raccomando, sii puntale perché dopo ho un altro appuntamento». Il tempo è la nostra ossessione moderna e, per ricordarcelo, abbiamo nella casa un’infinità di marcatori del tempo. Orologi elettronici, svegliette, timer… non c’è angolo del nostro alloggio dove non ce ne siano, oltre ai vari orologi da polso che possediamo perché, ovunque ci troviamo, dobbiamo sempre sapere esattamente che ore sono per riuscire a chiudere la giornata. Viceversa, negli anni ’50 a casa di mia nonna c’era una sola sveglia, unica testimone del tempo che passava lentamente e che, quindi, non aveva bisogno di essere cronometrato. Negli anni ’40 addirittura in casa non c'era nulla e per sapere quando buttare la pasta bastava guardare l’ombra degli scalini dell'abitazione: quando arrivava al terzo scalino, era l’ora buona!
Ma la famosa sveglia, eccola qua, faceva un rumore infernale quando suonava per un appuntamento mattutino molto importante. Mi ha raccontato la Meris che quando studiava all’università faceva le ore piccole sui libri e, al mattino, malgrado il rumore assordante dell’orologio, non riusciva a svegliarsi per seguire i corsi. Allora, per essere sicura di sentire la sveglia, la posava su un piattino con tante monetine dentro. Solo così, con il baccano infernale che faceva il tutto quando si metteva a trillare e, quindi a vibrare, riusciva ad emergere dal sonno profondo. La Meris è diventata poi medico, e successivamente, medico condotto proprio a San Giovanni e dintorni.