domenica 18 ottobre 2015

92. La responsabilizzazione dei figli nel passato e la deresponsabilizzazione di adesso


di Barbara Bertolini


Per i genitori del passato l’educazione dei propri figli era sentita come primordiale. I ruoli erano chiari: non c’era la mamma amica né, tanto meno, il papà amico (che veniva chiamato babbo). Anzi, soprattutto nel mondo contadino, i figli davano del “voi” ai propri genitori. E, questo “voi” marcava una distanza di rispetto che non permetteva intemperanze, oltraggi o volgarità. Nessun bambino rispondeva ai propri genitori senza beccarsi un sonoro ceffone.

Con gli insegnanti era ancora peggio. Arrivati a scuola si doveva ubbidire senza fiatare alle regole da loro imposte. Gli scolari si guardavano bene dal riferire ai propri genitori le punizioni ricevute in classe perché, una volta a casa, rischiavano di prendersi una doppia razione di scappellotti. Se si era stati puniti, pensavano mamma e papà, era senz’altro per una giusta ragione ed era quindi normale che gli educatori correggessero l’alunno.


I bambini, gli adolescenti, poi i giovani venivano seguiti nel loro percorso educativo fino alla fine del servizio militare. Con le  ragazze era anche peggio perché la loro vita di adolescenti era costellata da tanti tabù: ogni genitore temeva che la fanciulla cedesse ad uno spasimante e rimanesse incinta rovinandosi così il futuro poiché avrebbe avuto difficoltà, in un successivo momento, trovare un marito.

Un lungo apprendimento per i due sessi che immetteva nella società giovani capaci di rispettare le regole del vivere civile, anche le più banali, come, per esempio, tenere aperta la porta al passaggio di qualcuno, dare il buongiorno, ringraziare,  cedere il posto a sedere sull’autobus alle persone anziane, aiutare le persone in difficoltà, non permettersi intemperanze con gli adulti ecc… Cose banalissime ma che si sono perse in questi anni a causa di una mancanza educativa da parte di genitori che vedono nei loro rampolli  reucci o reginette a cui tutti devono rispetto.

Non sono più i giovani a doversi adeguare alla società, di cui faranno parte e di cui riceveranno tutto, ma è la società che deve adeguarsi a loro. Ad aver creato questo divario è senz’altro la denatalità: un figlio unico per coppia o due al massimo. I genitori, in effetti, danno importanza spropositata al raggiungimento di un rapporto affettivo che credono compromettere con punizioni o recriminazioni e, quindi, lasciano fare. Ora, nel processo educativo spiccio, di tutti i giorni, è entrato anche il papà, o papy, completamente assente nel passato e che richiede, giustamente anche lui, la sua parte di affetto, sottraendosi però al suo ruolo di guida-maestro-arbitro. Prima, invece, con cinque, sei, dieci figli la gestione famigliare era impossibile senza l’imposizione di rigide regole e dell’affetto non ci si preoccupava troppo perché era sempre arrivato naturalmente.

LA RESPONSABILIZZAZIONE

Nella società del fare del tempo passato era indispensabile responsabilizzare fin da piccoli i bambini. Mi ricordo che, per esempio durante la raccolta delle patate, mio nonno pretendesse da mio fratello, che aveva appena due anni e mezzo, di aiutarlo a raccoglierle. Al giorno d’oggi ci si scandalizzerebbe,  ma per un genitore artigiano o contadino, farsi aiutare dai propri figli aveva una funzione educativa importante perché si insegnava il mestiere ai figli che, una volta adulti, l’avrebbero fatto con esperienza.

Per i bambini la responsabilizzazione era totale come, per esempio, coprire, fin dall’asilo, lunghi tragitti senza essere accompagnati; stare fuori casa per tutto il pomeriggio dai tre anni in poi; andare a fare la spesa negli spacci di paese; andare a prendere l’acqua alla fontana; partecipare alla vita contadina con contributi lavorativi;  ecc... A sei anni si era anche capaci di accendere con i fiammiferi la stufa  a legna e far bollire una pentola d’acqua sul fuoco, come è capitato a me. Anche alle bambine veniva richiesto qualsiasi coinvolgimento nei lavori domestici: diventate signorinelle, erano già capaci di mandare avanti una casa. Certo, c’erano molti eccessi in queste pretese – come per i bambini o le bambine (5-6-8 anni), costretti ad alzarsi presto la mattina per andare ad accompagnare le pecore al pascolo o l'obbligo per certe femminucce,  già a 10 anni, di mandare avanti tutti i lavori domestici -  come d’altronde ci sono oggi dove, per fare i duecento metri che separano la scuola dalla casa, si accompagnano i figli con l’auto!


Una bella differenza quindi tra educazione del passato e quella di adesso costella, come si è visto, da eccessi dall’una e dall’altra parte. Però, l’educazione nel tempo passato e la responsabilizzazione al lavoro erano fattori essenziali che preparavano futuri cittadini consapevoli ed operosi. 
Viceversa, l’eccessiva deresponsabilizzazione di certi genitori dei giorni nostri prepara “bambocci” dipendenti da mamma e papà che avranno difficoltà ad inserirsi nel mondo lavorativo ma anche nella loro propria futura famiglia.

Noi del passato non rimpiangiamo certo l’educazione troppo severa dei nostri genitori, anzi, l’abbiamo contestata nel ’68. Ma un giusto equilibrio di educazione e responsabilizzazione è indispensabile ai genitori di adesso affinché i loro figli vengano cresciuti nella consapevolezza dei loro obblighi verso la società. Non sono reucci, ma sono, come tutti noi, sudditi del mondo. Un mondo che progredisce perché ognuno fa la propria parte mettendo a disposizione della società quello che sa e saprà fare meglio.

Barbara Bertolini