domenica 9 marzo 2014

81. I giochi dei bambini campagnoli negli anni Cinquanta


Per sapere come si giocava ai tempi passati mi basta interrogare la mia memoria. Mi rivedo bambina felice correre per il paese in compagnia di tanti compagnucci. I nostri giochi erano frutto di una fantasia infinita poiché nessuno di noi aveva un gran che come oggetti di divertimento. E, allora, acchiapparella, mosca cieca, regina reginella, nascondino, un due tre stella, campana, rubabandiera,  erano i nostri preferiti tra questi giochi che potevamo portare avanti tutto il pomeriggio fino a quando, all’imbrunire, stremati, ritornavamo nelle nostre case, accolti con la più grande indifferenza.


Il bimbo alla nostra epoca non era re, anzi, nella gerarchia familiare figurava all’ultimo posto.  E, dal più piccolo al più grande, avevamo tanti “doveri” da rispettare poiché dovevamo dare una mano non certo piccola in famiglia. Soldi in casa per stupidaggini non ce n'erano per cui, molti di noi, avevano davvero pochi giocattoli. Sto, ben inteso, parlando di famiglie contadine o artigiane. Altro discorso era per quelle dei cittadini.

Oltre ai giochi descritti, tra quelli “poveri” che mi divertivano di più, c’era il LANCIO DELLA PIETRA (e lans ad la preda). I sassi sono gli oggetti che più abbondano in natura. Ebbene, prendevamo un sasso a forma di meniro (quelli di Obélix per intenderci), che potesse stare in piedi come un birillo, e lo mettevamo allineato con gli altri ad una certa distanza, ognuno il proprio. L’avversario, a mo’ di bocce, doveva colpire e far cadere il sasso dell’avversario, aiutandosi con altri sassi più piccoli: discussioni e bisticciate non finivano mai perché c’era sempre quello che barava perché si avvicinava troppo o  spostava il bersaglio o sceglieva sassi troppo grandi da abbattere!

Sempre con i sassi c’era un altro gioco che facevamo spesso, soprattutto quando eravamo vicino ai fiumi dove i piccoli sassi abbondano. Si chiama “e zog d’al piciàti” ovvero il gioco dei SASSOLINI. Questo gioco è senz’altro stato il più diffuso in tutto lo stivale. Bisognava scegliere 5 sassi abbastanza piccoli da essere contenuti in una mano.  Poi ci si metteva in circolo e si faceva la conta per scegliere il primo che doveva giocare.  Il giocatore, che aveva in mano le cinque pietruzze le doveva lanciare in aria e lasciarle cadere nel cerchio che formavamo a terra, doveva poi raccogliere quella più lontana, lanciarla a sua volta in aria e, tra l’intervallo dell’alzata e della caduta, riuscire a raccogliere una a una quelle per terra. Esse dovevano rimanere tutte in un palmo della mano fino alla totale raccolta delle cinque pietre. Una volta che le aveva prese tutte, le doveva rilanciare e farle cadere a terra e poi, sempre con la pietra più lontana, questa volta doveva raccoglierle due a due, poi tre e poi tutte insieme. Quando il giocatore sbagliava, il turno passava ad un altro. Vinceva, ben inteso, chi per primo le aveva raccolte tutte. Quando c’era parità, i due avversari che avevano raccolto il numero uguale di pietre dovevano tenerle in un pugno poi lanciarle in aria e cercare di farle cadere sul dorso della mano. Vinceva che riusciva a tenerne di più.


Un altro gioco semplice era “IL PADRONE DEL MURO”. Un giocatore veniva scelto con la conta a guardia di un pezzetto di muro.  Il primo giocatore che riusciva a toccare il muro aveva vinto e questo diventava suo. Ma per far ciò non ci si doveva far toccare dal proprietario del muro, altrimenti si veniva fatti prigionieri.

Si facevano molti giochi con il  salto a cavalcioni sulla groppa dei compagni. Vi erano modi diversi di scelta tra quello che doveva stare sotto e quello che doveva saltare e come doveva saltare. Per esempio con Il CAVALLUCCIO, dopo la conta, il primo si metteva sotto, il secondo lo saltava e si metteva a sua volta sotto, non troppo lontano dal primo, e così, il terzo e il quarto. Insomma diventava un divertente salto ad ostacoli.  Ma c’era anche quello dove il giocatore che doveva saltare il cavalluccio-compagno, non poteva toccarlo e, se lo toccava aveva perso. Ed è chiaro che il cavalluccio si metteva in modo da farsi toccare dall’avversario.

Il gioco del FAZZOLETTO era pure molto praticato perché richiedeva solo come mezzo un banalissimo pezzo di stoffa. Ci si metteva in cerchio e il giocatore scelto, sempre con la conta, restava fuori dal cerchio e, correndo, lasciava cadere un fazzoletto dietro uno degli astanti. Appena questo si accorgeva di avere il fazzoletto, doveva correre e acchiappare il lanciatore del fazzoletto. Quando l’aveva preso, toccava a lui scegliere il prossimo lanciatore del fazzoletto.

C’era anche LUPO MANGIA FRUTTA. Si sceglieva, con la conta, un lupo che doveva cercare di mangiare tutti i presenti. Ma per sapere chi doveva rincorre (e mangiare), ogni giocatore-non lupo sceglieva nella sua testa un frutto, per esempio “mela”. Il lupo cercava di indovinare quale frutta avessero scelto i suoi compagni. Appena il lupo pronunciava “mela”, per esempio, chi l’aveva pensata doveva correre via e rifugiarsi nella tana del lupo, l’unico luogo dove non poteva essere mangiato. E’ chiaro che il lupo non rimaneva molto lontano dalla sua tana…

STREGA COMANDA COLORE.  Con la conta si sceglieva la strega che doveva dire il colore che doveva essere toccato per salvarsi. La strega, infatti, doveva pronunciare la frase: «Strega comanda colore… (per esempio rosso)». Tutti i giocatori dovevano guardarsi intorno e cercare un oggetto di colore rosso da toccare.  La strega doveva rincorrere e raggiungere il giocatore prima che si fosse messo in salvo (toccando il famoso colore). Il giocatore toccato diventava a sua volta “strega”.

Tra le tante conte, ne ricordo una di San Giovanni di Querciola:  pin pin cavalin, cost l’è vœd et cost l’è pin. L’ultimo “pin” era quello che veniva scelto.


PEGNI: quasi tutti questi giochi, nel caso di sconfitta, richiedevano un pegno che variava secondo l'immaginazione dei giocatori. Il più comune era: «arriva fino all’albero e ritorna su una sola gamba.» Oppure, arriva fino all’albero e ritorna a quattro zampe. Ancora, devi dare un bacio a Luigi, Enza ecc…, pegni terribili per ragazzini di 8-10 anni, soprattutto quando il bambino e la bambina da baciare non entrava nelle proprie simpatie. Per le bambine: facendo la ballerina acchiappa Gianni e fallo ballare. Oppure, vai da quel signore e digli: «Buongiorno signore è vero che sono una bella bambina? – (se bambino) Buongiorno signore mi farebbe fumare la sua pipa? – (per tutti e due) o ancora, signore o signora le canto una bella canzone….». Insomma, era veramente l’inventiva a creare momenti di grande allegria perché gli altri ragazzini guardavano il malcapitato mentre eseguiva goffamente e, spesso, con grande vergogna, gli ordini ricevuti.

Oltre ai giochi già elencati, venivano tutti quelli con la palla, quando ce l’avevamo, però. Tra i più divertenti mi ricordo "Palla prigioniera" e "Palla avvelenata".

PALLA PRIGIONIERA  era composta da due squadre che giocavano in uno spazio non troppo grande che veniva ben delimitato, specie la zona "prigionieri". Lo scopo era di fare dei prigionieri colpendo con la palla gli avversari: un avversario toccato con la palla diventava un prigioniero. Chi veniva colpito finiva dietro alla spalle della squadra avversaria. Poteva però essere liberato se la sua squadra gli lanciava la palla e lui riusciva a prenderla. Dovevano quindi essere bravi i giocatori ad intercettare la palla che veniva lanciata in alto tra la squadra del nemico e i giocatori prigionieri nella trincea avversa. Secondo me, questo è uno dei più bei giochi di squadra con la palla.

PALLA AVVELENATA, invece, richiedeva la presenza di un muro poiché la palla veniva lanciata contro il muro dal giocatore scelto con la conta, che chiamavamo “battitore”. Appena la palla toccava il muro, il battitore chiamava il nome di un giocatore, ammettiamo Mario.  A questo punto Mario doveva prendere la palla e, tutti gli altri giocatori, dovevano allontanarsi il più possibile. Appena Mario era in possesso della palla gridava: “fermi tutti”. I giocatori si dovevano immobilizzare, e Mario poteva fare tre passi verso il bersaglio più facile e colpire, con la palla, l’avversario.   Se la palle riusciva a colpire il giocatore, questo veniva eliminato, ma se non lo colpiva o l’avversario riusciva ad allontanare la palla con le mani, il primo giocatore della squadra che riusciva ad impossessarsi della palla diventava il nuovo battitore. Ma se il giocatore preso di mira da Mario riusciva addirittura a prendere la palla al volo, era Mario ad essere eliminato.
Se andate a fare un bel picnic con i vostri figli o nipoti, ricordatevi questi giochi. Divertimento assicurato!
Barbara Bertolini

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