mercoledì 25 giugno 2014

85. La maternità fuori dal matrimonio: lettera di una ragazza piena di dubbi

Fino alla fine degli anni ’60, l’ingenua e sprovveduta ragazza  rimasta incinta perché aveva ceduto alla famosa prova d’amore che le chiedeva il fidanzato  ̶  che poi alla notizia dell’imminente arrivo del bebè se la svignava a gambe levate  ̶  veniva vista male. Additata da tutta la comunità come una “poco di buono”, una vera condanna morale anche per la sua famiglia.  Poi, arrivò all’improvviso il femminismo e spazzò via i pregiudizi e la donna, per la prima volta da millenni, acquisì la consapevolezza che la maternità fuori dal matrimonio non fosse più una colpa.  

Questa lettera, vera, scritta da una ragazza all’inizio degli anni ‘70 dimostra l’evoluzione del pensiero femminile nei riguardi della maternità (luoghi e nomi sono stati cambiati).


Caro Daniel, ti lascio

Oggi ho proprio deciso, faccio ordine nei miei cassetti! Una decisione così, netta, senza tentennamenti, i miei tiretti l’aspettano da trent’anni. Lo confesso, non sono come la mia amica Lucia “pezzettina sprint” che, appena si alza al mattino, riordina subito tutto e, solo a quel punto, quando pensa di aver raggiunto il suo nirvana quotidiano è pronta per affrontare la giornata. Ma non divaghiamo… Svuoto il cassetto su un gran tavolo di vetro e osservo. La prima cosa che mi colpisce è una lettera. Dalla busta escono sei pagine intense di una bella grafia femminile, leggo la data: 15 novembre 1974, ma, facendo una mossa sbagliata, il foglio che ho in mano vola via e va a conficcarsi proprio tra il pavimento e i tre millimetri che lo separano da una grande credenza che ho davanti. «Accidenti!», esclamo, e vano rimane il tentativo di riacciuffare il pezzo di carta. Per riavere quella prima pagina dovrei svuotare tutto il mobile e smontarlo. Impossibile, mi arrendo, l’inizio di quella lettera non lo conoscerò mai.

Comincio allora la lettura a pagina due che termina il discorso dalla pagina precedente con la frase: «…la città sarà al corrente. Allora perché privarmi di andarci?».

Chissà a cosa allude la mia amica Brigitte nella sua lettera… Non ricordo proprio.
Poi continuo a leggere:

«…Adesso arrivo all’argomento “Daniel”, la storia è lunga. Come previsto ho trascorso la giornata del 15 agosto ad Arles con lui e la sera gli ho chiesto un mese di riflessione per riuscire a capire a che punto fossi con me stessa: non volevo più incontri, lettere, più niente. E’ rimasto amareggiato e scioccato. 

Al ritorno dalle mie vacanze, il 15 settembre, ci siamo rivisti. Abbandonava i suoi studi e partiva per Parigi per due mesi di stage in informatica e programmazione. Mi chiede quale fosse la mia decisione e gli dico che ho riflettuto molto, che voglio rompere completamente, non rivederlo mai più, cancellare tutto. E’ stupito,  distrutto dalle mie parole  e non riesce a capire. E’ talmente addolorato che non sa dire nulla, non una esclamazione, non una parola di rabbia, non riesce a pensare nemmeno per un istante di potermi far ragionare. Poi se ne va, lasciandomi senza emettere un suono, il vuoto… E lì sono io ad avere una crisi di nervi, a prendere coscienza della gravità delle mie decisioni.

Per un mese tutto bene, mi sentivo liberata, avevo preso la mia decisione che non era stata certo facile, ma sapevo dove andavo: ero sola, aspettavo un bambino da Daniel che avevo cancellato dalla mia esistenza. Pensavo di vederci chiaro, finalmente.  Poi, verso il 20 ottobre, il mio pensiero è tornato a lui più forte che mai. Certo, lo sapevo a Parigi: ma senza nessuna notizia, eravamo tanto lontani. Ho cominciato a pensarlo continuamente, intensamente, a sognarlo  la notte, a rivedere i momenti belli trascorsi insieme, passando dalla disperazione alla speranza.  

Ti rendi conto della situazione in cui mi sono venuta a trovare?  Una sera mi sono decisa a scrivergli. Sono riuscita ad ottenere il suo indirizzo parigino da François, il suo amico. Gli ho scritto una lettera amichevole, ma impersonale, dandogli anche qualche notizia, ma dicendogli soprattutto che mi rammaricavo per il mio comportamento nei suoi confronti, che capivo quanto male gli avessi fatto e che speravo che per lui tutto andasse bene. Non gli chiedevo, però, di scrivermi né, tantomeno, mettevo in evidenza i miei tormenti.

Mi ha risposto a stretto giro di posta dicendomi che usciva molto, faceva di tutto per dimenticarmi e che si impegnava tantissimo per il suo stage. Mi augurava di essere felice e diceva di essere stato contento di ricevere la mia lettera in qualità di madre di suo figlio. Tuttavia ci teneva a non riprendere la nostra relazione.

Ho immediatamente ripreso la penna per informarlo che aveva mal interpretato la mia lettera, che desideravo rivederlo, che avevo bisogno di lui, che sentivo la sua mancanza, che ero stata una sciocca per aver potuto pensare di vivere senza di lui, che era stata una crisi dovuta probabilmente al fatto di aspettare un figlio inatteso e, quindi, impreparata a fronteggiare la vita con lui. La sua risposta mi ha fatto prima andare su tutte le furie e poi mi ha sprofondato in una abissale tristezza.

Diceva  di essere molto cambiato,  di essersi indurito, non mi capiva e pensava di avermi abbastanza dimenticata per non rimettere tutto in gioco. Terminava, augurandomi tutto il bene possibile e sperava che le nostre cose si sarebbero aggiustate senza troppi danni!
Beninteso questa lettera non richiedeva risposta.  Per me è stato come precipitare in un abisso, ho creduto di cadere in depressione. Talvolta speravo ancora in qualcosa da Daniel, talaltra mi dicevo che era troppo cambiato e che non lo volevo più così. Ti lascio immaginare la situazione!

La sera dell’11 novembre, uno choc, Daniel mi telefona, molto freddo e impersonale, per dirmi che vorrebbe discutere con me, perché aveva appreso che i miei genitori stavano muovendo cielo e terra per farci tornare insieme (questo è falso)  e, ciò, non gli piaceva per nulla, e che bastavamo noi due per regolare le nostre cose.

Agitata, gli chiedo di venire il giorno dopo a casa; rifiuta, vuole che il nostro appuntamento si svolga all’esterno. Ed è così che l’incontro è fissato  il sabato seguente nella sua macchina.
Il giorno dopo, venerdì, sorpresa, Daniel mi telefona in ufficio. Ha cambiato idea e vuole venire la sera stessa a casa mia. Questa volta è molto più cordiale. L’invito a cena ed egli accetta. Ed è così che, dopo tutta questa angoscia, ci siamo incontrati Daniel ed io venerdì scorso.

Ero commossa e allo stesso tempo imbarazzata nel rivederlo, non osavo guardarlo. Lui stava in guardia e prendeva un’aria distaccata. Quale imbarazzo tra di noi dopo tutto quello che era successo!  Abbiamo tuttavia parlato molto. Ho adottato un tono amichevole e gli ho annunciato che avevo cambiato idea. Lui era il padre del bambino, quindi  poteva e doveva vederlo. Gli ho detto che era importante avere contatti prima della sua nascita, almeno amicali, dei rapporti di madre e padre, insomma, ma non ho chiesto nessun avvicinamento per noi, né un eventuale matrimonio. Lo sentivo troppo teso.

Il nostro incontro si è svolto con molto equilibrio e abbiamo convenuto tutti e due che era stato necessario.  Daniel mi ha detto che voleva riflettere su tutto quello che ci eravamo detti, che non poteva decidere nulla e che non aveva più le idee chiare. Poi abbiamo cenato. I miei amici, Monique e Xavier, che avevo inviato a questa cena, e che sono arrivati dopo,  sono stati formidabili, hanno cercato di animare la serata senza toccare argomenti imbarazzanti. Daniel ed io ci guardavamo di sfuggita, imbarazzati. Poi ci siamo separati dicendoci: «A presto».

Da allora, più nessuna notizia di lui. Sono impaziente di rivederlo, ma ho deciso che spettava a lui fare il primo passo….,  dunque attendo!
Ecco, sei al corrente dell’episodio “Daniel”, il seguito in una prossima lettera, se seguito ci sarà…».

La lettera finisce dandomi altre informazioni sulle conoscenze comuni e dicendomi che mi avrebbe scritto appena la sua situazione si fosse evoluta.

Frugo nelle carte alla ricerca della seconda lettera, ma non la trovo. Escono da quel cassetto altri cimeli, quaderni e libri di scuola, documenti strani e pratiche che non ricordavo di aver mai fatto, foto delle mie amiche, dei miei vent’anni, ingiallite dal tempo. Tra queste anche una bella bambina piagnucolosa che fui. Ma niente di Brigitte, i miei ricordi vaghi al suo riguardo  sono “reset”, annullati nel marasma dei miei  pensieri. A rifletterci bene, in questo affastellamento, posso cogliere pochi indizi: Brigitte era una ragazza dolce, pacata, molto materna, direi “zen” e la sua coraggiosa decisione di lasciare Daniel, malgrado l’imminente maternità, era dovuta al fatto che lo trovava troppo immaturo: lui aveva due anni meno di lei.

Come sarà andata a finire? Daniel sarà ritornato? La nascita del figlio li avrà uniti o disuniti per sempre?

Brigitte ed io eravamo colleghe, ci volevamo bene, ma il mio trasferimento all’etero, la mia lontananza, ha fatto sì che ci siamo perse di vista. Quel bambino nato nel 1974 ha, nel momento in cui scrivo questa storia,  già 40 anni. Che genitori sono stati Daniel e Brigitte? Saranno nonni a loro volta?  Chissà… E’ successo tanto tempo fa, ma a me pare ieri.


©2014 Barbara Bertolini – tutti i diritti riservati

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