domenica 12 febbraio 2012

60. IL DENTISTA DEI TEMPI MIEI

Sono le tre di notte e un dolore lancinante mi fa schizzare fuori dal letto. E’ una stramaledetta carie che mi fa male da diversi giorni e si diverte a scegliere i momenti meno opportuni per tenere sveglia tutta la famiglia. Ho 9 anni e mia nonna ha cercato in tutti i modi di farmi andare dal dentista, ma io ho una tremenda paura.  Mi ha promesso di prestarmi la sua bicicletta, niente. Di farmi accompagnare dalla mia amata zia, niente. Di permettermi di andare al cinema il sabato successivo, senza dover prima addormentare mio fratello, e sempre niente. Ma questa volta non ne può più e, presto di mattina, mi prende per mano e mi accompagna a piedi dal dentista di Casina, una evoluta cittadina collinare che dista una decina di chilometri dal troglodita paese di San Giovanni.
Ci accomodiamo nella sala d’attesa, aspettando il nostro turno ed entriamo, ma appena vedo un omone grande, grosso, minaccioso, con il suo bel camice bianco venirmi incontro, comincio già a strillare. Il dentista non si scompone. Mi mette sulla sedia di forza e, a mo’ di anestetico, mi molla un potente ceffone che mi tramortisce e mi lascia a bocca aperta. Effetto perfetto per lui, che comincia tranquillamente il suo lavoro. Ovvero, mi toglie, senza complimenti (è proprio il caso di dire), tutto il dente, per una banalissima carie. 
 
Ecco perché, all'epoca, si rimaneva sdentati ancora giovani (erano gli anni '50).

Questi erano i dentisti del passato. Un bambino non aveva il diritto di piagnucolare, di aver paura; si andava per le spicce e il loro lavoro non era di conservazione del dente ma di eliminazione del dolore, punto. I parenti non avevano nulla da obiettare.

Appena pochi anni dopo, ho dovuto frequentare anche altri dentisti il cui ricordo negativo è rimasto impresso nella mia mente, anche a distanza di 50 anni, perché utilizzavano trapani così dolorosi che arrivavo all’appuntamento senza osare suonare il campanello della porta, aspettando il cliente successivo che mi costringesse a varcare quella fatidica soglia. Devo dire, a onor del vero, che le loro otturazioni sono, però, durate una vita.

Cosa facevano per il mal di denti  le massaie del passato? Che mezzi si utilizzava in ambienti dove non c’era a disposizione nessun medicinale antidolorifico?
Dei rimedi più utilizzati, provati anche da mia nonna su di me, c’era l’aglio (che va sempre bene per tutto): pestarlo bene e metterlo sul dente dolorante. Anche i chiodi di garofano, che vanno bolliti (una decina), si risciacqua poi la bocca con  l’intruglio ottenuto. Un altro rimedio è acqua, aceto e sale. Si prepara una soluzione e ci si risciacqua la bocca (questo soprattutto per gli ascessi). C’è anche la cipolla (poteva mai mancare?): si taglia a pezzetti che si strofinano sul dente che fa male. Anche la salvia ha lo stesso effetto. Anche questa va strofinata sul dente. Un altro sistema, amato dagli ubriaconi, è quello di mettere molta grappa sopra al dente che duole.
Ma mi è stato riferito dalla Signora Armentina un rimedio davvero strano che mi sembra più da fattucchiera. L’edera! Si prende l’edera, si tolgono le foglie e si strofina ben bene il gambo fino a mettere in evidenza la sua corteccia. Questo gambo lo si avvolge poi al polso e il dolore scompare. Pare che funzioni. Mah!
Barbara Bertolini

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