domenica 8 gennaio 2012

59. LA GALLINA DELLA SUOCERA

Nel passato nei paesini si sapeva tutto di tutti e persino le galline, a cui veniva dato un nome, erano riconosciute dai loro proprietari che ne seguivano attentamente le abitudini. C’era, per esempio, una gallinella che, per deporre le uova, invece di andare nel proprio pollaio, preferiva il fienile del vicino. Domanda: a chi appartenevano queste uova, quando la Teresina, bella bella, usciva cantando coccodé dal sopraimputato fienile?  I contendenti  non andavano dall’avvocato solo perché ero costoso, ma il dilemma rimaneva e le liti pure.
Però, la storia che vi voglio raccontare ora, periodo appena passato di grandi abbuffate, è quella di Cilianna, che ha per protagonista, appunto, una gallina e che si svolge sul finire degli anni ’40.
Cilianna, figlia di mezzadri, abitava nell’Appennino reggiano ed era nel pieno della sua florida fanciullezza. A quell’epoca la “fame” attanagliava l’Italia: era difficile per tutti dar da mangiare alla  numerosa prole voluta dal defunto governo fascista. E anche nella famiglia di Cilianna le cose non andavano meglio.  La ragazza viveva con una sempre insoddisfatta voglia di cibo: avvertiva prepotentemente la necessità di alimentarsi con un po’ di carne; una necessità primordiale che si faceva sentire con crampi allo stomaco e con visioni oniriche di belle bistecche, polli arrosto, salcicce abbrustolite, sognate ad occhi aperti. Mentre  era assorta in questi saporosi pensieri, il suo sguardo fu attratto da una imprudente bella e  prosperosa gallina entrata alla ricerca di qualche bel vermetto nella stalla dove la contadina stava lavorando.  Uno sguardo circospetto intorno (sapeva di essere sola) e, senza pensarci due volte, chiuse la porta della stalla, intrappolò la pollastra e, in men che non si dica, la fece finire in pentola.
Mai cibo fu così saporito! La ragazza aveva mangiato tutto il pollo, con l’aiuto di un gatto famelico, stupito per tanta abbondanza, che aveva accuratamente fatto fuori tutte le ossa. Cilianna non aveva potuto invitare nessuno al suo banchetto perché i suoi genitori, se fossero venuti a conoscenza del fatto, si sarebbero arrabbiati.
E, quando alla sera la padrona della gallina la cercò disperatamente chiedendo a tutti i paesani, anche a Cilianna: «I’v vest la mi galina?», la ragazza le dimostrò il più profondo interessamento e si adoperò nella ricerca vana della bestia.
Qualche anno dopo questo episodio, il caso volle che quella vicina diventasse la suocera di Cilianna. La quale le confessò il suo segreto. «T’è fat ben!» (hai fatto bene!), fu la risposta della suocera che assolse la nuora dal suo peccato di fame. E, poiché i casi nella vita sono sempre numerosi, la suocera in questione la potete vedere alla destra di questo blog: è la signora con in braccio un bambino con, a fianco, il futuro marito di Cilianna.

Barbara Bertolini

(Il quadro è di Almerino Bertolini e sono raffigurate le galline di San Giovanni, il paesino di Cilianna!)

Nessun commento: