giovedì 20 novembre 2014

87. Alla ricerca delle proprie radici : dalla Francia a un paesino dell’Appennino reggiano

I francesi appena arrivati al "Sasso" davanti alla casa dei loro avi
di Barbara Bertolini

Ognuno di noi vuole sapere chi è, da dove viene e chi sono i suoi antenati, ecco perché le ricerche  genealogiche, grazie anche ad internet, sono in pieno boom.

Il flagello dell’emigrazione, in passato, ha spostato da tutta la penisola italiana, in particolare dalle zone rurali, milioni di persone alla ricerca di un lavoro soprattutto in Europa e nelle Americhe.  Altri, una minoranza, hanno invece lasciato l’Italia per motivi politici, per dissidi familiari, per spirito di avventura.  E’ pur vero che il fenomeno migratorio ha ripreso, ma gli emigrati di adesso sono istruiti e hanno sempre il telefonino in mano e, quindi, non interrompono i rapporti con i parenti lasciati in Italia, come succedeva, invece, prima e come dimostra questa storia.

L’ottantaquatrenne Eugène Bertolini, imprenditore francese, è tra quelli che, arrivati ad una tappa della sua esistenza, ha voluto sapere da quale paesino d’Italia era partito il nonno e vedere se c’erano ancora superstiti della sua famiglia.



Bertolini è un nome che si trova un po’ ovunque in tutto lo stivale. Molti di loro vivono in Piemonte, ma vi è una nutrita colonia a cavallo dell’Appennino tosco-emiliano. Ce ne sono anche nelle Marche, in Abruzzo o in Puglia dove, però, spesso, la prima vocale è diventata “a” (Bartolini).

Ma che i suoi antenati italiani fossero emiliani non c’erano dubbi per Eugène, poiché il piatto natalizio che non è mai mancato sulla tavolata della sua famiglia, divenuta via via sempre più numerosa, erano i “cappelletti” che si sono tramandati e che continuano ad essere realizzati rigorosamente a mano dalle ultime generazioni.

C’è voluta comunque molta pazienza ai figli di Eugène e tanti passaggi ma poi, tirando i fili di una ricerca che si è snodata da Nizza a Longwy in Lorena,  quindi Viano in provincia di Reggio Emilia e Sassoferrato in quella di Modena,  si  è arrivati a capo della storia familiare dei Bertolini di Francia ed il patriarca ha potuto, l’estate scorsa, scoprire la casa dei suoi avi e abbracciare un cugino del padre ancora in vita  e numerosi pronipoti reggiani, stupiti di ritrovarsi al centro di  questa singolare vicenda e all’oscuro dell’avo partito all’inizio del Novecento per la Francia.

***
Ecco la storia di questa epopea, così come è venuta alla luce:

Eugenio Bertolini, nato nel 1882 a San Giovanni di Querciola, frazione di un piccolo comune reggiano, se ne è andato in Francia, a Nizza,  attirato laggiù  da chissà cosa. Bell’uomo, l’emiliano, un volta arrivato sulla Costa Azzurra, solo, spaesato, si è guardato intorno e ha fatto presto a mettere gli occhi su una bella ragazza modenese, che faceva la “stagionale” come lui, Olimpia Zanichelli. Lontani dai paesi i due si sono lasciati andare ai loro sentimenti e, nel 1906, non sono  ancora sposati quando  nasce il loro primo figlio, Enrico.

Eugenio e Olimpia regolarizzano il loro matrimonio al Consolato italiano di Nizza poi si perdono le tracce dei loro spostamenti e non si sa, quindi, se siano tornati in Italia o abbiano continuato  a muoversi all’interno del territorio francese alla ricerca di lavoro. Sta di fatto che, dopo la Prima guerra mondiale, ritroviamo Eugenio a Longwy, vicino al confine tra Francia-Lussemburgo-Belgio, in una zona molto industrializzata che ha enormemente bisogno di mano d’opera. La moglie nel frattempo è deceduta, lasciandolo vedovo con 4 figli. Egli trova lavoro in una grande fabbrica siderurgica, ed è costretto a mettere i quattro figli in un collegio nella vicina città di Metz. Però anche lui, in seguito ad un incidente sul lavoro, muore all’età di 42 anni. Sarà il figlio diciasettenne, Enrico, a subentrare al padre nello stesso stabilimento. Intanto, una sorella di Eugenio, Zelinda, viene a prendere le ragazzine rimaste in collegio e le riporta in Italia, mentre Enrico continua a lavorare, solo, a Longwy.

In quel polo siderurgico il ragazzo trova una forte comunità italiana che lo sostiene. Non bisogna dimenticare che dopo la metà degli anni ’20 è un periodo difficile per i lavoratori italiani in Francia.  Siamo in pieno fascismo e il Duce conduce una politica autarchica e vuole mettere un termine all’emigrazione italiana. Il fascismo, inoltre, spaventa i francesi, ecco perché gli italiani sono mal tollerati in tutto l’Esagono. Ma il ragazzino non ci fa caso, lui è nato lì, ed è così forte la sua voglia di integrazione che si innamora ben presto di una ragazza francese, Estelle. I due si sposano e poco dopo, nel 1928,  nasce il loro primo figlio, che chiameranno Eugène in onore del nonno. Questa coppia darà vita a ben 13 figli.
I piccoli "Bertolini" di Longwy sono 8 su tredici

Eugène, che ha sposato Ofemia Franceschini, anche lei di origine italiana,  è quello rimasto più legato alla famiglia. Ha sentito raccontare dagli italiani che vivevano a Longwy, una delle zone più industrializzate di Francia, di un’Italia mitica dove il sole splende sempre, dove i sapori della terra sono succulenti e dove la gente è socievole. Sono stati probabilmente questi racconti a far nascere in Eugène il desiderio di scoprire la casa natale del nonno. Desiderio che esprime ai suoi figli davanti ad una bella tavola imbandita, il giorno di Natale di un anno fa.

I "Bertolini" a Longwy (Lorena) negli anni '60

Le sue  tre figlie si fanno immediatamente contagiare dall’entusiasmo di questa proposta e si danno da fare per ritrovare gli antenati del padre. Danielle, la primogenita, in particolare,  aiutata dalla sua professione di “giurista”, setaccia i consolati, gli archivi storici e i comuni dei paesini reggiani e modenesi ed arriva a trovare a Viano il certificato di nascita del bisnonno. Le probabilità di ritrovare la casa nativa dei loro avi è molto labile. Ma ormai è tanta la voglia di scoprire le loro origini, che i nostri francesi partono alla volta di Reggio Emilia, fissando la prima tappa al comune di Viano, dove hanno già conosciuto, via telefono, una gentile impiegata. Una scelta felice poiché vengono indirizzati a San Giovanni di Querciola, una frazione che dista una decina di chilometri da lì.

Arrivati fra le verdeggianti colline di San Giovanni, dice Eugène, un miracolo si produce poiché il primo a cui chiedono informazioni è un professore di francese che  consiglia loro di andare al “Sasso”, piccolo borgo dove risiede Dino Bertolini, il veterinario del paese e suo ex alunno, che conosce tutta la storia dei Bertolini.
La famiglia francese al "Sasso" con  Dino (secondo a sinistra)


Trovano il veterinario proprio sull’uscio di casa e, dopo aver sentito la loro richiesta, frastornato, li informa che lui fa parte dei lontani parenti che la comitiva sta cercando e si premura di fargli conoscere la casa paterna del nonno di Eugène, rimasta ancora intatta dal medioevo e sempre in mano ai Bertolini. Poi li porta dal  fratello, Romeo, che possiede l’albero genealogico della famiglia, dove, effettivamente, con grande meraviglia della comitiva francese, ritrovano stampato il nome dell’antenato e la sua data di nascita. Ed Eugène commenta: «Per noi è stata una gioia immensa che è andata ben al di là di ogni nostra più rosea speranza perché la nostra grande famiglia, infine, è riunita».

Al Sasso, Eugène, il patriarca francese, ha anche potuto abbracciare Almerino, un cugino di suo padre, ancora in vita, e ha trovato dei pronipoti che l’hanno accolto davvero con grande affetto, confermando appieno le parole dei compaesani di Logwy. E’ così che questa storia a lieto fine ha dimostrato il carattere “espansivo” degli emiliani e, anche, il loro lato ironico, poiché qualcuno, venuto a conoscenza di questa storia, parafrasando un film di successo, ha esclamato: «aiuto mi si sono allargati i parenti!».

In effetti, i discendenti di Francia della famiglia di Eugenio Bertolini di San Giovanni di Querciola sono ora quasi 100, sparsi un po’ su tutto il territorio francese e, quando si riuniscono, almeno una volta ogni due anni, devono noleggiare un intero albergo.
I cinquant'anni di matrimonio di Enrico Bertolini  e Estelle Amboise
 

Ma la cosa ancora più sorprendente per Eugène è che, grazie alla visita in Italia, ha scoperto che a soli 50 km da casa sua, nella Svizzera francofona, c’è un altro ramo dei “Bertolini” discendenti della sua stessa famiglia.

Barbara Bertolini



3 commenti:

Luigi ha detto...

Carissima cugina Barbara,
ho letto con piacere e grande interesse l'articolo sul tuo blog e vorrei farti solo un appunto: perché non riscrivere l'articolo sulla "premiata discendenza Bertolini" in lingua francese così da rendere "fruibile" la cosa anche oltralpe?
Solo tu potresti farlo, sia per la tua certa passione per la storiografia (il titolo del blog "altri tempi raccontati" ne è la prova, sia per il tuo bilinguismo (scusami, sono troppo riduttivo: certamente conoscerai pure il tedesco e l'inglese).
Tu saresti l'ideale "trait d'union" fra i due rami della Bertolinopoli (due rami? uno in Italia e uno in Francia? ... ma tu hai un fratello e due nipoti in Svizzera e io un figlio e due nipoti in Germania: anche qui sono stato troppo riduttivo!).
Spero accoglierai il mio invito-suggerimento e per adesso accogli i miei più cari saluti.
Luigi

Barbara Bertolini ha detto...

Caro Luigi,
è vero, c’è anche un ramo “tedesco”, ma quello che volevo mettere in risalto nell’articolo era che a soli 50 km dall’abitazione di Eugène c’erano altri Bertolini che sarebbero stati contenti di conoscerlo. Invece, tuo figlio Mirko è andato molto più lontano. Per quel che riguarda la traduzione, ho inserito sulla colonna di destra del blog un traduttore automatico per cui, chiunque può cliccare sulla lingua che vuole (tedesco, cinese, turco…) ed ha subito la traduzione, anche se non perfetta, almeno comprensibile. Ma per il testo in francese, ho incaricato Danielle Bertolini, la figlia di Eugène, di farne la traduzione e passarla ai nuovi parenti.
Grazie caro cugino per le tue belle parole. Barbara

Unknown ha detto...

Ciao Barbara, finalmente riesco a scriverti dopo aver fatto un grande "bisticcio digitale" con il mio computer. La tecnologia è sì importante, altrimenti non sarei qui a postare un commento, ma è così complicata! Ho letto l'articolo su questo tuo interessante blog e ho sentito parlare dell' "evento" anche a San Giovanni, ne erano tutti elettrizzati! Brava! Prosegui così nella divulgazione per far conoscere gli altri tempi, le storie vissute. quelle singolari come questa dei Bertolini che ricercano le proprie radici e le trovano! E' un fiore all'occhiello della narrativa una narrazione così precisa e sentita. Un bacio pieno di complimenti. Ho intravisto anche qualcosa di molto interessante su una lettera datata 1974 e una "never ending story" su maternità e diritti delle donne. A presto ci sentiamo perchè comincia a mancarmi la tua voce. Alma, che a Cesenatico cerca le radici altrui per capire dove vive ora!