giovedì 29 settembre 2011

56. Quando a novembre si faceva "San Martino"

Ho 8-9 anni, sono in un ampio cortile, è novembre, ma sembra tornata l’estate,  e sto guardando la mia amica Norina mentre, aiutata dal padre, viene issata su un carro trainato da due mucche che la porterà  verso una nuova vita. Non sono sola, nell’aia si sono radunati  i vicini per un ultimo saluto.
In quel carro è stipato tutto quello che la famigliola possiede: 5-6 sedie, un tavolo, un comò, un armadio, una madia, le stoviglie, gli attrezzi agricoli: pochi metri quadri di miseria. Con lei, il carro si porta via un pezzo del mio cuore perché Norina è  la mia amica più cara, quella con cui ho condiviso i salti nel fienile, le corse nei verdi prati, le camminate alla fonte per prendere l’acqua, il tragitto per andare a scuola: tutto quello che faccio, lo faccio con lei. E non capisco perché la famiglia, ora, debba lasciare il paese ed andare verso una destinazione lontana ed a me ignota.

Non conosco ancora le regole del mondo contadino, la distinzione tra mezzadro e proprietario terriero. E’ il primo “San Martino” che mi colpisce personalmente.
I miei nonni lavorano le poche biolche di terreno ereditati dalla famiglia, i genitori di Norina, invece, li hanno affittati, quindi, quando scade il contratto di locazione e il mezzadro o l’affittuario trovano di meglio, finisce il rapporto. Una disdetta che viene sancita il dieci agosto, giorno di San Lorenzo,  periodo in cui non solo cadono le stelle ma anche i contratti. Al coltivatore non resta che prendere le poche cose e andarsene a lavorare un altro podere, disperdendo, però, anche affetti, amicizie, conoscenze.     
Fare San Martino o traslocare avveniva a novembre, nel momento della fine dei lavori nei campi e il principio della stagione invernale. Si dava al mezzadro, infatti, la possibilità di raccogliere i frutti del suo lavoro che in quel mese  completava  tutte le raccolte, inoltre, il mosto ribolliva già nei tini e la svinatura era prossima.
In quel periodo, chiamato l’estate di San Martino (in Canada e Nord America estate indiana), sulle strade acciottolate di campagna ci si imbatteva in tanti carri che, stracarichi di masserizie, si spostavano da un podere all’altro; una tradizione vissuta in Emilia e in tutta la Val Padana.
Norina, da quel giorno – e sono trascorsi più di 50 anni -  è sparita dalla mia vita senza lasciare traccia perché, a quell’età, e nel mondo poco informato di allora, non  è venuto in mente  a nessuno di lasciarmi l’indirizzo o a lei di pensare che avrebbe potuto scrivermi. So che è diventata maestra. Se leggerà questo blog, le invio tutto il mio immutato affetto.
Barbara Bertolini
Foto presa da www.fotofamiglia.it  

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