martedì 18 maggio 2010

41. In Libia al mio primo impiego ero l'unica ragazza

di Maria Genta

Dopo aver conseguito il diploma di ragioniera a Tripoli, il mio primo lavoro fu presso la ditta di nettezza urbana della città, dove aiutavo nella contabilità.
All'inizio ero la sola ragazza in mezzo a tanti uomini, ed ho un bel ricordo di quel periodo perché tutti gli operai mi rispettavano. Ricordo in particolare il rito del tè: c'erano sempre uno o più operai addetti esclusivamente a preparare questa bevanda per tutti gli altri. Ero fiera perché a me veniva sempre offerto per prima, ma ero anche orgogliosa di far parte del loro mondo.



Il servizio di nettezza urbana, era decisamente all’avanguardia, perché laggiù si faceva già all'epoca (primi anni ‘60) la cernita tra i vari elementi in discarica, e la parte organica veniva preparata per fare concime, che poi si rivendeva agli agricoltori.
In quel periodo andavo in ufficio in bicicletta, che avevo comprato con il mio primo stipendio. L'ufficio era abbastanza lontano da casa e percorrevo tante stradine con case abitate esclusivamente da libici. Il ricordo più vivo è quello delle feste della pasqua musulmana , l'Aid el Kebir, quando ogni famiglia sacrificava un agnello, e ciò avveniva per strada. Una tortura per me perché sentivo la sofferenza degli animali, per cui pedalavo cercando di non guardare né a destra né a sinistra, ma anche l'udito aveva la sua parte. Ripassando più tardi, era l'olfatto ad essere coinvolto, con il profumo di carne arrostita sulle braci, ed allora iniziava la festa!

In un paese dove convivevano gente di tutte le nazionalità, la conoscenza delle lingue era importantissima per lavorare. Ci fu il boom delle ricerche petrolifere e scoperte di molti giacimenti importanti, il nostro mondo quindi si allargò alle abitudini di altri paesi ed altri popoli. La convivenza con la gente locale è sempre stata molto cordiale: come donna, logicamente, i contatti erano soprattutto con le donne ed i loro bambini, ma loro erano sempre riservati e non cercavano mai di invadere o di entrare nel nostro mondo.
Per puntualizzare il racconto, mi sono diplomata nel capitale della Libia quando c’era Re Idriss, periodo in cui l'amministrazione non era più italiana. Il sindaco di Tripoli era il libico Dr Caramanli, che credo avesse studiato in Italia. La lingua più usata (dopo l'arabo ) era l'italiano e tutti i libici lo parlavano, quindi noi italiani eravamo poco pressati ad apprendere la loro lingua. A scuola, dalla prima elementare, si insegnava l'arabo letterale, un po’ diverso da quello parlato (un po’ come i nostri dialetti), ma almeno la radice delle parole era abbastanza simile.

Così si imparava a leggere ed a scrivere in arabo, ma difficilmente si riusciva a fare delle traduzioni che non fossero più che semplici. La numerazione, invece, mi è stata molto utile nel mio primo lavoro. La contabilità era tenuta in italiano, ma doveva essere tutta tradotta in arabo, quindi c'erano doppi registri. La traduzione delle scritture di contabilità, in partita doppia, veniva fatta da un libico, ed io mi occupavo di tutta la trascrizione numerica. E' divertente pensare che io, anche molti anni dopo, in Italia, ho continuato a tenere i miei piccoli conti, con le cifre in arabo!

1 commento:

Alessia ha detto...

Si ama molto il luogo dove si nasce. vorrei sapere se Maria, nata il Libia, ha nostalgia di questo paese o si è abituata al verde dell'Italia. Io non riuscirei mai a vivere in un deserto, mi mancherebbero troppo gli alberi. E tu????