lunedì 5 aprile 2010

38. Nell'Appenino reggiano una bella tradizione pasquale

L’uovo, simbolo di rinascita, è il perno su cui ruota una delle più antiche tradizioni pasquali sulle montagne emiliane.



E scussin” (dal verbo scusser, cioè sbattere contro) si praticava in quasi tutti i paesini a Pasquetta.
Un incaricato del posto comperava 5-6 ventine di uova e le cuoceva colorandole: per il verde utilizzava sia l’ortica sia l’erba tout court; per il rosso impiegava, invece, la tintura vera e propria. Dove c’era concorrenza, la decorazione poteva essere più raffinata.
Queste uova sode venivano vendute sulla piazza del paese. Il gioco, e il divertimento, consisteva nello sbattere il proprio uovo contro quello di un avversario. Vinceva l’uovo chi era riuscito a rompere per primo quello del rivale, dunque la persona che aveva pescato l’uovo più duro, ma che sapeva anche utilizzare una tecnica particolare per sbaragliare i concorrenti.
A questo giochetto partecipavano tutti: uomini, donne e bambini. Il vincitore assoluto era quello che, partito con un uovo, riusciva a racimolarne il più possibile, perché l'uovo "cocciato" diventava suo.
Racconta la Signora Armentina che il suo record fu di sette uova prima di essere sconfitta da un altro più duro del suo!
Una tradizione quindi conviviale, simpatica, semplice ed economica che continua al giorno d’oggi nei paesini di montagna come Castelnuovo Monti, Carpineti o Marola.
Barbara Bertolini

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