di Barbara Bertolini
Per i genitori
del passato l’educazione dei propri figli era sentita come primordiale. I ruoli
erano chiari: non c’era la mamma amica né, tanto meno, il papà amico (che veniva
chiamato babbo). Anzi, soprattutto nel mondo contadino, i figli davano del
“voi” ai propri genitori. E, questo “voi” marcava una distanza di rispetto che
non permetteva intemperanze, oltraggi o volgarità. Nessun bambino rispondeva ai
propri genitori senza beccarsi un sonoro ceffone.
Con gli
insegnanti era ancora peggio. Arrivati a scuola si doveva ubbidire senza
fiatare alle regole da loro imposte. Gli scolari si guardavano bene dal
riferire ai propri genitori le punizioni ricevute in classe perché, una volta a
casa, rischiavano di prendersi una doppia razione di scappellotti. Se si era
stati puniti, pensavano mamma e papà, era senz’altro per una giusta ragione ed
era quindi normale che gli educatori correggessero l’alunno.
I bambini, gli
adolescenti, poi i giovani venivano seguiti nel loro percorso educativo fino
alla fine del servizio militare. Con le ragazze era anche peggio perché la loro vita
di adolescenti era costellata da tanti tabù: ogni genitore temeva che la fanciulla
cedesse ad uno spasimante e rimanesse incinta rovinandosi così il futuro poiché
avrebbe avuto difficoltà, in un successivo momento, trovare un marito.
Un lungo
apprendimento per i due sessi che immetteva nella società giovani capaci di
rispettare le regole del vivere civile, anche le più banali, come, per esempio,
tenere aperta la porta al passaggio di qualcuno, dare il buongiorno,
ringraziare, cedere il posto a sedere
sull’autobus alle persone anziane, aiutare le persone in difficoltà, non permettersi
intemperanze con gli adulti ecc… Cose banalissime ma che si sono perse in
questi anni a causa di una mancanza educativa da parte di genitori che vedono
nei loro rampolli reucci o reginette a
cui tutti devono rispetto.
Non sono più i
giovani a doversi adeguare alla società, di cui faranno parte e di cui riceveranno
tutto, ma è la società che deve adeguarsi a loro. Ad aver creato questo divario
è senz’altro la denatalità: un figlio unico per coppia o due al massimo. I
genitori, in effetti, danno importanza spropositata al raggiungimento di un
rapporto affettivo che credono compromettere con punizioni o recriminazioni e,
quindi, lasciano fare. Ora, nel processo educativo spiccio, di tutti i giorni,
è entrato anche il papà, o papy, completamente assente nel passato e che richiede,
giustamente anche lui, la sua parte di affetto, sottraendosi però al suo ruolo
di guida-maestro-arbitro. Prima, invece, con cinque, sei, dieci figli la
gestione famigliare era impossibile senza l’imposizione di rigide regole e dell’affetto non ci si preoccupava troppo perché era sempre arrivato
naturalmente.
LA RESPONSABILIZZAZIONE
Nella società
del fare del tempo passato era indispensabile responsabilizzare fin da piccoli
i bambini. Mi ricordo che, per esempio durante la raccolta delle patate, mio nonno
pretendesse da mio fratello, che aveva appena due anni e mezzo, di aiutarlo a
raccoglierle. Al giorno d’oggi ci si scandalizzerebbe, ma per un genitore artigiano o contadino,
farsi aiutare dai propri figli aveva una funzione educativa importante perché si insegnava il mestiere ai figli che, una volta adulti, l’avrebbero fatto con esperienza.
Per i bambini
la responsabilizzazione era totale come, per esempio, coprire, fin dall’asilo,
lunghi tragitti senza essere accompagnati; stare fuori casa per tutto il
pomeriggio dai tre anni in poi; andare a fare la spesa negli spacci di paese;
andare a prendere l’acqua alla fontana; partecipare alla vita contadina con
contributi lavorativi; ecc... A sei anni
si era anche capaci di accendere con i fiammiferi la stufa a legna e far bollire una pentola d’acqua sul fuoco,
come è capitato a me. Anche alle bambine veniva richiesto qualsiasi coinvolgimento
nei lavori domestici: diventate signorinelle, erano già capaci di mandare
avanti una casa. Certo, c’erano molti eccessi in queste pretese – come per i bambini o le bambine (5-6-8 anni), costretti ad alzarsi presto la mattina per andare
ad accompagnare le pecore al pascolo o l'obbligo per certe femminucce, già a 10 anni, di mandare avanti tutti i lavori domestici -
come d’altronde ci sono oggi dove, per fare i duecento metri che
separano la scuola dalla casa, si accompagnano i figli con l’auto!
Una bella
differenza quindi tra educazione del passato e quella di adesso costella, come
si è visto, da eccessi dall’una e dall’altra parte. Però, l’educazione nel
tempo passato e la responsabilizzazione al lavoro erano fattori essenziali che
preparavano futuri cittadini consapevoli ed operosi.
Viceversa,
l’eccessiva deresponsabilizzazione di certi genitori dei giorni nostri prepara
“bambocci” dipendenti da mamma e papà che avranno difficoltà ad inserirsi nel
mondo lavorativo ma anche nella loro propria futura famiglia.
Noi del
passato non rimpiangiamo certo l’educazione troppo severa dei nostri genitori,
anzi, l’abbiamo contestata nel ’68. Ma un giusto equilibrio di educazione e
responsabilizzazione è indispensabile ai genitori di adesso affinché i loro
figli vengano cresciuti nella consapevolezza dei loro obblighi verso la
società. Non sono reucci, ma sono, come tutti noi, sudditi del mondo. Un mondo
che progredisce perché ognuno fa la propria parte mettendo a disposizione della
società quello che sa e saprà fare meglio.
Barbara
Bertolini
Giustissimo
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