Siamo sotto
il fascismo, la scuola è una cosa molto seria.
Ci si alza in piedi appena l’insegnante entra e si aspetta il suo
“seduti!”. Dopo di che, zitti, zitti si segue (o si fa finta di seguire) con
attenzione la lezione. In quel periodo molti genitori sono analfabeti e,
l’istruzione è percepita come importante e fondamentale per l’avvenire del proprio
figlio. Ecco perché quasi tutti i papà e le mamme che vanno a parlare con gli insegnanti, raccomandano loro di usare le maniere forti con i propri pargoli se non obbediscono e non studiano.
In questo
clima di terrore, il prof. Paperini decide di dare una mano agli studenti
svogliati realizzando un certo numero di temi che toccano tutti gli argomenti
dell’anno scolastico: mamma e papà, l’amico, l’autunno, la vendemmia, la gita
in campagna, in montagna e al mare, Natale, La Befana, Pasqua ecc… ecc….
Questi temi,
le cui tracce saranno riprese anche dagli insegnanti, rivisti a distanza di
anni, finiscono per darci uno spaccato della realtà vissuta dallo scolaro nel
periodo fascista……. Ve li ripropongo. Per ora ecco il primo, molto istruttivo per capire il comportamento degli alunni dell'epoca:
La persona che, dopo i nostri
genitori, siamo in dovere di amare più di tutti al mondo, è il nostro maestro.
Ancora ragazzi, noi siamo in
grado di capire quanto grande e importante sia l’opera che egli spiega a favore
di ciascuno di noi. Egli giorno per giorno ci spezza il pane del sapere, del
quale nutrendoci, ci formiamo, senza accorgercene, un carattere, una cultura;
egli ci educa alla bontà, ad una volontà che non conosce ostacoli, all’amore
verso Dio, verso i nostri simili, verso la Patria; egli insomma, come ricordo
d’aver letto in un libro, è qualche cosa come un saggio giardiniere, il quale
giorno per giorno con le più amorevoli attenzioni ha cura che le pianticelle a
lui affidate crescano rigogliosamente diritte e vegete.
Ecco quali motivi di affezione e
di riconoscenza legano lo scolaro al suo maestro.
Ma noi, nella nostra classe,
abbiamo, oltre che queste, cento altre ragioni per sentirci affezionati al nostro
insegnante.
Con quel suo aspetto aperto e
gioviale, cominciamo col dire, che egli ispira fiducia e confidenza, ma una
confidenza rispettosa oltreché affettuosa. Ciascuno di noi, dal più
disciplinato al più scavezzacollo della classe, ha da lui ciò che si merita,
perché il motto del nostro maestro potrebbe essere: “Giusto con tutti”.
Qualsiasi lezione egli ci
spieghi, sa rendercela bella e piacevole e così nessuna meraviglia, se venire a
scuola è per tutti una gioia, e un’assenza forzata costituisce un vero
dispiacere.
La materia, sulla quale
preferiamo che egli c’intrattenga, è la storia. Quando, ad esempio, ci parla
del nostro Risorgimento, avvenimenti e figure ci passano davanti come sopra uno
schermo cinematografico; non parliamo poi dell’ultima guerra… chi meglio del
nostro maestro potrebbe parlarne? Per ben due lunghi anni egli vi ha
partecipato e molti sono i combattimenti nei quali si è battuto eroicamente.
Data la sua innata modestia, di
rado ci è dato di poterlo far parlare degli avvenimenti, ai quali egli ha preso
parte; il fatto si è che è stato più volte ferito e brilla sul suo petto il
distintivo di mutilato. Gli mancano ben quattro dita della mano sinistra. Tutti
sappiamo che egli le ha perdute al fronte. Ma in che modo e in quale combattimento?
Questo ci struggevamo di sapere da parecchio tempo, finalmente un giorno, alle
nostre insistenti domande, ci raccontò semplicemente così :
“Fu vicino all’Isonzo per colpa
di una scheggia di granata, sul finir dell’ottobre del 1918, mentre eravamo tutti
presi dalla foga d’inseguire gli Austriaci che ormai fuggivano
precipitosamente. Dopo due o tre giorni seppi, all’ospedale, la notizia della
grande vittoria. Chi da quel momento sentì più il dolore? Eravamo pazzi di
gioia”.
Ecco il maestro che noi da due
anni abbiamo la fortuna di avere; come non circondarlo del più vivo affetto,
della più schietta e filiale riconoscenza e ammirazione?
Commenti su questo tema:
Un ragazzo
del giorno d’oggi potrebbe mai amare più di tutti il suo insegnante e
circondarlo della più schietta e filiale riconoscenza? E sa lo scolaro che il
suo maestro gli spezza il pane del sapere per nutrirlo alla cultura? I tempi sono proprio cambiati.
Secondo me, il prof. Paperini aveva messo troppo in alto l'asticella del sapere: un ragazzino della 5a elementare in grado di scrivere così??? Attualmente, nemmeno quello che frequenta il primo anno di università è capace di farlo. Che ne dite?
B. Bertolini
Questo tema è tratto da:
IL MIO LIBRO DI TEMI
D’ITALIANO
per la quinta
elementare
Cesare Paperini,
Società editrice internazionale,
1937 anno XV. – Tip.
Mantero – Tivoli
Pazzesco, dovrebbe essere letto in tutte le classi per far capire ai ragazzi il valore degli insegnanti.
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